Il sistema sanitario universalistico italiano rappresenta una conquista di civiltà, garantendo cure gratuite e accessibili a tutti, indipendentemente dal reddito. Tuttavia, questo modello richiede un equilibrio delicato tra le prestazioni erogate dalle Istituzioni e la corresponsabilità dei cittadini nella prevenzione.
In Sicilia, tale equilibrio è messo a dura prova da una contraddizione evidente: da un lato, la popolazione reclama servizi efficienti; dall’altro, la diffusa disaffezione verso gli strumenti di prevenzione primaria contribuisce a sovraccaricare il sistema sanitario stesso.
Criticare le inefficienze del sistema sanitario è legittimo, specie in una Regione come la Sicilia, dove liste d’attesa interminabili e carenze strutturali sono realtà quotidiane. Tuttavia, esiste un paradosso spesso taciuto: mentre si denunciano le mancanze delle istituzioni, molti cittadini ignorano strumenti semplici e gratuiti di prevenzione, contribuendo al collasso del sistema che vorrebbero migliorare.
Pretendere servizi efficienti senza assumersi la responsabilità di alleggerirne il carico è un controsenso logico e morale. La salute pubblica non è un bene che si consuma, ma un patto che richiede partecipazione attiva.
Prendiamo in esame alcune statistiche del Ministero della Salute e dell’Osservatorio Nazionale, riferite alla partecipazione agli screening oncologici nel 2022:
Screening | Sicilia | Media nazionale | Regioni con performance migliori |
Mammografico (45-69 anni) | 54,6% | 71,4% | Veneto (80%), Toscana (78%) |
Cervicale (Pap-test) | 66,6% | 79,2% | Emilia-Romagna (83%) |
Colo-rettale (50-69 anni) | 29% | 38% | Lombardia (62%) |
Particolarmente critica è la situazione dello screening per l’epatite C, rivolto ai nati tra il 1969 e il 1989. Nonostante l’isola registri un’incidenza elevata di infezioni croniche da HCV, il programma fatica a decollare, con un’adesione inferiore al 20% in molte province a un anno dall’inizio del programma. Un controsenso, considerando che terapie antivirali innocue e di breve durata garantiscono oggi la guarigione nel 98% dei casi, evitando costi futuri legati a cirrosi o epatocarcinoma.
D’altra parte, ignorare la prevenzione non è solo un rischio per la salute individuale, ma un peso insostenibile per il sistema sanitario. Guardiamo quest’altra tabella (Fonte Agenas, 2023) che riporta il confronto tra i costi della prevenzione e quelli associati alle cure avanzate:
Patologia | Screening e trattamento precoce | Cura patologia avanzata |
Tumore al seno (stadio I) | € 8 – 12.000 | € 50 -100.000 (stadio III/IV) |
Tumore colo-rettale (iniziale) | € 10.000 | € 70.000+ (metastasi) |
Epatite C (iniziale) | € 15 – 20.000 | € 50.000+ annui (cirrosi) |
Questi dati evidenziano un circolo vizioso: la mancata diagnosi precoce aumenta i costi sanitari, assorbendo risorse che potrebbero essere destinate a migliorare servizi o ridurre le liste d’attesa. In Sicilia, ad esempio, il 30% dei ricoveri oncologici è legato a diagnosi tardive, con un impatto stimato di 200 milioni annui sul bilancio regionale (Report ARS Sicilia, 2022).
La bassa adesione agli screening non è frutto del caso, ma il risultato di disuguaglianze territoriali (il 40% dei centri screening siciliani è concentrato nei capoluoghi, lasciando scoperte le aree interne), comunicazione inefficace (le campagne istituzionali spesso non raggiungono i cittadini), fattori culturali. Pregiudizi (“meglio non sapere”), sfiducia nelle istituzioni e scarsa educazione sanitaria persistono, specialmente tra le fasce meno istruite.
Oltre agli screening, altro tassello mancante è l’adesione alle vaccinazioni non obbligatorie, come quelle antinfluenzale e anti-pneumococcica. Questi strumenti, se utilizzati, ridurrebbero drasticamente ospedalizzazioni e complicanze, soprattutto tra anziani e fragili.
La Sicilia si colloca sistematicamente al di sotto della media italiana, con un divario che raggiunge il 16% per le vaccinazioni anti-pneumococcica e HPV. Un dato preoccupante, considerando che l’influenza stagionale causa ogni anno in Italia circa 8.000 decessi.
Vaccinazione | Sicilia | Media nazionale | Gap |
Antiinfluenzale (≥65 anni) | 48% | 62% | -14% |
Anti-pneumococcica (≥65 anni) | 34% | 50% | -16% |
HPV (ragazze 12-18 anni) | 56% | 72% | -16% |
Tutti i dati che precedono dimostrano i ritardi della Sicilia. Occorre un nuovo contratto sociale che coniughi diritti e doveri. Tre proposte concrete:
- Potenziamento dei servizi di prossimità, creando unità mobili per raggiungere i comuni rurali ed integrando gli screening negli ambulatori di medicina generale;
- Campagne di sensibilizzazione “dal basso“, coinvolgendo scuole, associazioni e influencer locali per sfatare tabù.
- Incentivi economici e fiscali, ad esempio detrazioni IRPEF per chi partecipa agli screening e alle vaccinazioni o inserimento della prevenzione nei benefit lavorativi.
La prevenzione efficace porta con sé un paradosso intrinseco: quando funziona, il beneficiario non percepisce il pericolo scampato. Chi evita un tumore grazie allo screening potrebbe pensare: “E’ stato inutile farlo, tanto non ero malato“. Questo meccanismo psicologico mina la percezione del valore della prevenzione, alimentando disinteresse.
Tuttavia, come cittadini, non possiamo permetterci il lusso dell’ambiguità. La sfida per la Sicilia è duplice: migliorare i servizi e costruire una cultura della prevenzione. In un’epoca di risorse limitate, le parti politiche cui sono a cuore gli interessi reali della comunità devono farsi carico di un messaggio chiaro: La salute pubblica è un bene comune che richiede impegno collettivo.
Già professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Palermo e Direttore dell’UOC di Gastroenterologia del’AOUP “P. Giaccone”