E’ questa la sensazione che si prova leggendo le dichiarazioni (e osservando le azioni) di Schifani in questi giorni.
Come fa il governatore della Regione siciliana a prendere le distanze dalla delibera firmata dai due assessori scelti direttamente da lui, e che quindi godono della sua massima fiducia, con la quale vengono stabilizzati 49 eccellenti medici comandati presso l’Assessorato della Sanità? Come fa a dichiarare che “non si comprende l’urgenza e la modalità della proposta, avanzata senza il necessario approfondimento e in assenza di un confronto strutturato con gli organi competenti”?
Come si può immaginare che l’assessore alla Sanità, a suo tempo imposta da Schifani ai suoi turbolenti alleati (similmente a come fece nella precedente legislatura Musumeci con Razza) in quanto vero e proprio braccio destro del presidente, abbia agito senza il “confronto strutturato”?
Sembra di rileggere un’altra dichiarazione di qualche mese fa, quando definì “balletti inqualificabili” le trattative tra i partiti mirate alla nomina delle cariche apicali, naturalmente da lui accettate, anzi sapientemente coordinate. In ogni caso, con quale coerenza può fare questa affermazione, quando poi è la giunta di governo da lui presieduta a procedere con le nomine?
Insomma, ci sembra che ci sia una grande confusione di ruoli. Chi governa in Sicilia? Chi prende le decisioni? Assessori infedeli, partiti rissosi e famelici? O invece esiste legittimamente un governo, soprattutto, un presidente? La sensazione è che in questo momento la Sicilia sia una nave sanza nocchiero in gran tempesta, con tutto quello che ne consegue secondo il Sommo Poeta.
Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.