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SANITÀ: NON È SOLO QUESTIONE DI SOLDI, CI SONO PURE GLI SPRECHI INDECENTI

Una riforma per uno, non fa male a nessuno. Solo all’Italia. Ma i principali partiti di Governo continuano a portare avanti le loro riforme, premierato, autonomia differenziata e separazione delle carriere in Magistratura. E tutto deve muoversi insieme, simultaneo. Per questo, nelle prossime settimane, si ritornerà a parlare di autonomia differenziata, nonostante le importanti battute d’arresto prodotte dalla sentenza della Consulta. 

A proposito dell’autonomia differenziata, uno degli aspetti più importanti è certamente quello relativo alla Sanità, per le enormi ricadute sulle vite dei cittadini. Riforma disastrosa che radicalizzerà e amplificherà le drammatiche differenze tra le diverse parti del Paese. Sul tema è intervenuta anche una tra le più importanti e prestigiose riviste scientifiche al mondo, “The Lancet Regional Health Europe” (del gruppo The Lancet) con l’editoriale “The Italian health data system is broken”, il cui autore, Raffaele Bugiardini, è professore ordinario di Malattie Cardiovascolari presso l’Università di Bologna.

L’articolo è centrato sull’inefficienza della gestione dei dati sanitari essenziali per la ricerca clinica e, quindi, per il miglioramento dell’assistenza sanitaria, inefficienza legata alla frammentazione regionale del Sistema Sanitario Nazionale, frammentazione che si prospetta ancora peggiore con l’autonomia differenziata. Se attuata, infatti, decentralizzerà ancora di più la governance sanitaria, aumentando la frammentazione e le disparità tra regioni invece di favorire un sistema armonizzato di raccolta e condivisione dei dati.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare considerando il dibattito politico italiano, nell’editoriale non si parla di soldi, se non quando l’autore si chiede semplicemente di capire se e come le regioni abbiano speso 1,8 miliardi di euro destinati alla sanità digitale e per lo spreco di denaro legato alla mobilità dei pazienti meridionali verso gli ospedali del nord, meglio attrezzati, per ricevere cure. Infatti, la mancanza di sistemi informatici compatibili fa sì che gli ospedali del nord non riescano ad accedere alle cartelle cliniche dei pazienti, obbligando a ripetere test diagnostici, rallentando le cure e aumentando i costi. Solo la mobilità sanitaria tra regioni costa circa 3,3 miliardi di euro all’anno, con un impatto negativo anche sui pazienti.

Il problema sollevato dall’autore è, invece, quello della mancanza di un sistema unificato e centralizzato per condividere le cartelle cliniche elettroniche, i dati clinici ospedalieri /e delle cliniche convenzionate) e i registri dei medici di base. Le venti regioni operano in modo indipendente, generando frammentazione normativa e inefficienze. La scarsa interoperabilità tra regioni e ospedali, unita all’assenza di sistemi automatizzati per il caricamento dei dati, compromette l’efficacia del Fascicolo Sanitario Elettronico, uno strumento progettato per tracciare le storie cliniche dei pazienti. 

Palesi sono, in definitiva, le inefficienze organizzative del sistema: la gestione su base regionale, la frammentazione nella raccolta dei dati e l’assenza di una strategia in grado di distribuire e utilizzare le risorse in modo efficace creano notevoli problemi. 

Sono consapevoli i nostri governanti di quanto tutto questo potrebbe ulteriormente peggiorare se venisse davvero attuata l’autonomia differenziata?

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Calogero Caruso già professore ordinario di Patologia generale è Professore emerito dell’Università di Palermo. Dopo il pensionamento ha continuato a coltivare i suoi interessi scientifici sull’invecchiamento e la longevità. Sposato, ha due figli e 4 nipoti.

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