Un rimedio peggiore del male. Il quadro delle regole per l’accesso agli studi di medicina a partire dal prossimo anno accademico comincia a diventare più chiaro, anche se molti e fondamentali aspetti devono ancora essere stabiliti.
Dopo l’approvazione della legge delega del 14 marzo 2025, n.26, infatti, il Consiglio dei ministri ha approvato il primo dei decreti legislativi che disciplineranno la selezione.
Innanzi tutto, sgombriamo il campo da ogni retorica e mistificazione: Medicina continua a rimanere a numero chiuso.
Solo che, al posto dei tanto vituperati test di accesso, tutti gli studenti che lo vorranno potranno liberamente iscriversi al primo semestre, seguire tre insegnamenti comuni (ancora da definire, ma dovrebbero ricadere nelle aree delle scienze biologiche, chimiche e fisiche) e sostenere gli esami.
Gli studenti che avranno superato i tre esami saranno inseriti in una graduatoria nazionale in funzione dei voti riportati e di altri parametri (ancora da definire, ma tra i quali dovrebbe esserci la partecipazione a corsi di orientamento pre-universitari, come previsto nella legge delega).
Proseguiranno gli studi di medicina se si collocheranno in posizione utile per una delle cinque sedi “preferite” che avranno indicato al momento dell’iscrizione, secondo l’ordine di preferenza. Posizione utile, nel senso che ogni sede definisce il numero massimo di studenti che può ammettere: quindi il numero chiuso, al di là delle dichiarazioni di facciata NON è assolutamente abolito.
Se non si collocheranno in posizione utile potranno comunque usare i crediti conseguiti con gli esami in un altro corso di laurea “affine”, afferente all’area biomedica, sanitaria, farmaceutica o veterinaria, che, anche in questo caso, gli studenti avranno scelto al momento dell’iscrizione.
I punti da sottolineare sono quattro:
- L’articolo 10 del Decreto introduce una clausola di invarianza finanziaria. Nessun nuovo onere per la finanza pubblica; le università dovranno agire con risorse già disponibili. La solita riforma costo zero.
- Al primo semestre è prevedibile un afflusso di studenti imponente. A Palermo saranno non meno di 2500-3000 a giudicare dal numero di ragazzi che partecipavano ai test negli anni passati. Che didattica si potrà garantire con le risorse di docenza, di aule e di laboratori oggi disponibili, essendo la riforma a costo zero? Torneremo alle lezioni nei cinema o nei teatri? Come si possono formare ragazzi in biologia, chimica, fisica con laboratori certamente insufficienti per questi numeri? Del resto, il decreto ammette che sia derogabile qualunque limite previsto dalla attuale normativa per quanto riguarda numerosità massima delle classi, requisiti minimi di docenza, tutti criteri che hanno garantito qualità in questi anni. Ma vi è di più: il decreto prevede che in caso di iscrizione al primo semestre di un numero di studenti superiore alla propria capacità ricettiva, le Università garantiscono adeguate modalità di erogazione della didattica: in altre parole, il decreto dà via libera alle lezioni on line, inevitabili con questi numeri. Lo scadimento della qualità della didattica è certo.
- Questo numero enorme di ragazzi dovrà essere valutato agli esami secondo standard e modalità di verifica uniformi su tutto il territorio nazionale, dice il decreto. Non può che essere così, perché, come detto, la graduatoria sarà nazionale. Come garantirlo? Che garanzie possono aversi da commissioni inevitabilmente diverse? Come evitare la prevedibile ondata di ricorsi e di cause in tribunale? È previsto, a tal fine un successivo decreto, ma già si comincia ad ipotizzare quella che sarebbe una soluzione paradossale: il ritorno del TEST nazionale al termine del primo semestre! Era uscito dalla porta rientra dalla finestra, con tutte le criticità che ben conosciamo. Che senso ha tutto questo se poi ritorniamo al test?
- La legge delega approvata a marzo parla della possibilità per gli aspiranti studenti di frequentare corsi di orientamento, organizzati, tra gli altri, dagli ordini professionali. Alla frequenza di uno di questi corsi dovrebbe corrispondere un punteggio utile per la formazione della graduatoria, ciò che li rende assolutamente necessari, visto il livello asperrimo della competizione. Mi sento di escludere che i corsi saranno gratuiti, né la legge lo impone esplicitamente. Nella sostanza si riproporrà, anzi direi che si “istituzionalizzerà” l’odioso meccanismo dei corsi di preparazione a pagamento (salato) oggi imperante.
In conclusione, volere cambiare le cose senza introdurre i necessari investimenti rende il sistema ancora peggiore del punto di partenza. Il principio del semestre filtro potrebbe essere ragionevole, forse anche migliore rispetto al test singolo finora adottato. Ma offrendo una adeguata qualità della didattica (aule, docenti, laboratori) e serietà nella valutazione sulle materie del semestre.
Con le regole approvate dal Consiglio dei ministri si avrà lo scadimento della qualità della didattica al primo semestre, con ogni probabilità si perpetuerà il meccanismo dei test ancorché modificati e spostati alla fine del semestre, e continuerà il lucroso business dei corsi di preparazione, travestiti da orientamento.
E, ancora peggio, si illuderanno migliaia di ragazzi, che, nei fatti, perderanno un semestre, per trovarsi alla fine di febbraio con un pugno di mosche in mano.
Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.
Caro Fabrizio, come dimostra la tua attenta e precisa analisi del decreto ministeriale, siamo ancora una volta di fronte ad un palese “inganno” nei confronti degli aspiranti studenti in medicina e della società. Un “rimedio peggiore del male” come da te affermato in esergo all’articolo. Gli effetti saranno disastrosi, ma la colpa, per il Ministero e il Governo, ricadrà sugli Atenei rei, a lor dire, di non aver saputo gestire situazioni, nei fatti, ingovernabili. Cosa ancor più grave, come da te sottolineato, sarà l’inevitabile abbassamento della qualità didattica in questo primo semestre iniziale, tenuto conto dei prevedibili numeri spropositati degli studenti frequentanti i vari corsi e le modalità di erogazione della didattica che i Docenti, loro malgrado, saranno costretti ad adottare.
E i disegni “oscuri” che si celano (ma non troppo) dietro questo decreto sono facilmente riconoscibili: il costringere, se si vuole ottenere qualche risultato, alla frequenza di corsi di preparazione a pagamento. Qualcuno che ci guadagna c’è sempre eccezion fatta per gli studenti e le famiglie.
Affermava Seneca in “Epistulae ad Lucilium”: «[…] siamo nati nel vincolo di obblighi reciproci. La nostra società è come un arco fatto di pietre, che sta su perché esse si sostengono l’una con l’altra, altrimenti crollerebbe». L’arco italiano è già crollato grazie a chi ci governa.