Le cronache degli ultimi giorni del mese di marzo hanno riportato il sollievo dell’Ars e del governo siciliano di fronte alla decisione del Consiglio dei ministri del 28 marzo di non procedere all’impugnativa della legge regionale n. 3 del 30 gennaio 2025, recante “Disposizioni finanziarie varie “, più confidenzialmente nota come “la legge delle mance”.
Datele un’occhiata se potete, è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 4 febbraio scorso: una litania di contributi straordinari, intestati ai vari rami dell’amministrazione regionale titolari dei fondi imputati al bilancio regionale, che in diversi articoli assegnano agli enti beneficiari individuati una somma complessivamente pari a 80 milioni di euro, principalmente ma non esclusivamente relativa alla spesa del 2025.
Nel calderone rientra una pletora di soggetti pubblici e privati, in primo luogo i comuni, le arcidiocesi, le singole parrocchie e poi anche fondazioni e associazioni di vario genere: una minuziosa mappa di distribuzione dei finanziamenti che agevolano con imparzialità trasversale la costruzione del consenso elettorale. Non è forse casuale, perciò, che la maggioranza delle somme erogate sia stata assegnata all’anno 2025, quello delle elezioni provinciali di secondo livello nelle quali politici saranno chiamati votare altri politici: il meccanismo ben noto e oliato del “do ut des”, quindi.
Le spese previste dalla legge riguardano gli ambiti più vari, con un’ampia casistica di opportunità e di urgenze. Si va dai finanziamenti milionari attribuiti agli aeroporti di Trapani-Birgi (8 milioni per ciascun anno nel triennio 2025-2027) e di Comiso (3 milioni, per lo stesso periodo), ai fondi per la rigenerazione urbana che consentiranno a molti comuni (dell’agrigentino, del trapanese, del territorio di Palermo) di apportare migliorie ai servizi cittadini realizzando nuovi interventi per l’arredo urbano, per l’igiene e la salute pubblica, per la riqualificazione dei centri storici, mentre a più di 1 milione di euro ammontano le risorse destinate a promuovere l’accoglienza nei “borghi” siciliani qualificatisi tra i più belli d’Italia.
Ma una fetta significativa della provvista finanziaria riguarda arcidiocesi, associazioni, fondazioni private oggetto di interventi la cui realizzazione è stata assegnata alle strutture periferiche dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, in massima parte alle Soprintendenze già gravate dall’onere di attuare, nella tempistica rigida prevista dalle norme di finanziamento europee, i progetti a carico dei fondi FSC e PNRR.
Con due decreti del 6 e del 26 marzo scorsi (DDG 1159 e 1531) il Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni Culturali ha infatti notificato alle soprintendenze e ai (pochi) musei interessati l’elenco degli interventi della cui attuazione gli istituti regionali saranno responsabili nei prossimi mesi, per una spesa che ammonta complessivamente a poco meno di 6 milioni di euro.
Una pioggia di soldi da utilizzare al meglio in un settore, quello dei beni culturali, che dovrebbe essere strategico, per l’oggettiva rilevanza del patrimonio siciliano e per il conseguente sviluppo del turismo? E no, direi proprio di no!
Certo, tra gli interventi sono previsti la ristrutturazione del Museo della Ceramica di Burgio, oppure l’acquisto della Cartiera Diana, pregevole bene etnoantropologico di Comiso, o ancora l’allestimento del Museo del Cinema e della Televisione, con annesso restauro del piano nobile nella Villa Cutò di Bagheria, paese natale di Peppuccio Tornatore, ovvero la rifunzionalizzazione del Museo Salvatore Lauricella di Ravanusa, che necessita da tempo di nuovi arredi e attrezzature……
Ma siamo sicuri che rientrino nella nozione di “beni culturali”, e perciò meritevoli dell’erogazione di un contributo regionale straordinario da parte dell’assessorato competente, l’acquisto di nuove campane e l’elettrificazione di quelle esistenti della parrocchia di S. Vincenzo Ferreri di Calamonaci? Oppure il restauro e manutenzione straordinaria dei ceri votivi (sul serio sono vincolati ai sensi del Codice dei Beni Culturali?) della chiesa di Santa Barbara Vergine e Martire di Paternò? O ancora l’acquisto di un organo a canne nelle parrocchie di Modica e a Roccapalumba? O infine l’acquisto di banchi ecclesiastici, sì proprio i banchi per assistere alla celebrazione della messa, da parte della parrocchia Immacolata Vulgo S. Giuseppe di Milena?
Di sicuro non si può dubitare che la fede dei deputati siciliani in Santa Romana Chiesa sia autentica e sentita , a giudicare da questi casi, solo alcuni tra i tanti che si scorrono nell’elenco, e ancora dal milione di euro assegnato alla diocesi di Catania per consentire l’apertura di luoghi di culto colpiti dal terremoto del 2018…
Bene così. Alle soprintendenze e agli istituti regionali che dovranno farsi carico delle procedure di gestione amministrativa e contabile di questa pioggia di contributi e dei rapporti con gli enti assegnatari vanno i nostri migliori auguri per l’ulteriore carico di lavoro cui saranno sottoposti. Già stremati dalla mancanza di mezzi adeguati e soprattutto di personale sappiamo che faranno come sempre del loro meglio, ma con quanto sottile rammarico per il tempo, la fatica e l’attenzione sottratti a quelli che dovrebbero essere i reali obiettivi di una gestione consapevole ed efficace dei nostri beni culturali?
Intanto, tra un ora pro nobis e un’avemaria, la classe politica siciliana, raccomandandosi a Dio e a tutti i Santi, attende speranzosa di perpetuarsi tra i banchi del governo così come tra quelli dell’opposizione, ai vertici della regione, dei comuni e dei prossimi ambitissimi scranni provinciali.
Come nella scena del rosario serale che è l’incipit del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, tutto è immobile e uguale a sé stesso in questa Sicilia alle prese con le nuove prebende spartite dalla politica, mentre alle porte incombe lo spettro della siccità e dei disagi che, da qui a poco, avveleneranno la lunghissima estate dei siciliani. E davvero non resta che pregare!

Caterina Greco
Caterina Greco, archeologa.
Ha diretto il Museo Salinas di Palermo, il Parco di Selinunte, il Centro Regionale del Catalogo, la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Agrigento. Ha operato anche nello Stato come Soprintendente Archeologo della Calabria e della Basilicata.