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IL PREMIER. MEGLIO SE ELETTO DAL POPOLO. MA ESISTONO ALTERNATIVE

È ora disponibile il libro Un presidente eletto dal popolo? Obbiettivi, limiti, vie praticabili del premierato, a cura di Felice Blando, per Giappichelli Editore (indice ed estratto disponibile all’indirizzo https://www.giappichelli.it/un-presidente-eletto-dal-popolo-9791221112139).

Il libro, che raccoglie i contributi di 25 studiosi, esce quando tutti i Tg e social ci mostrano il video della Meloni che continua a ripetere che questo Governo è uno dei più “stabili” degli ultimi 80 anni. Dimenticando che la stabilità del governo – era solito ribadire Giovanni Sartori – non è sempre garanzia di «efficienza» e di «capacità progettuale». 

Il libro è dedicato alla riforma del cosiddetto premierato, fondato sull’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Per facilitare la lettura, riprendiamo gli aspetti fondamentali della proposta, cercando di conciliare sintesi e chiarezza.

  • Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive. Secondo il testo attuale della Costituzione (art. 92) è il Presidente della Repubblica a nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, i ministri. Nella legge di riforma, tuttavia, il voto popolare non basta. È sempre il Presidente della Repubblica a conferire al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il governo, ma con una differenza decisiva. 
  • Nel sistema vigente il Presidente della Repubblica sceglie liberamente il Presidente del Consiglio nell’ambito della maggioranza parlamentare, tra coloro che, si presume, possono ottenere la fiducia di ciascun ramo del Parlamento. La scelta è poi più volte caduta su un tecnico, anche non parlamentare, sul nome del quale possa formarsi il consenso della maggioranza parlamentare. Secondo l’art. 92 riformato la scelta del Capo dello Stato è invece vincolata. L’incarico va conferito al Presidente eletto dal popolo. Sul piano sostanziale, questi è il Presidente del Consiglio anche prima di essere incaricato dal Presidente della Repubblica. L’incarico presidenziale formalizza una scelta che è stata già fatta dall’elettorato. 
  • Il Presidente del Consiglio è eletto nella Camera ove ha presentato la candidatura. Viene escluso, così, che Presidente del Consiglio possa essere un non parlamentare. Il famigerato governo tecnico non è più costituzionalmente ammesso. La soluzione delle crisi – soprattutto crisi economiche – che in passato spesso è stata affidata ad un governo tecnico – è rimessa, secondo la riforma, a un nuovo meccanismo. Alla stessa logica – l’elezione popolare come solo modo di investitura – è ispirata la prevista soppressione dei senatori a vita. 
  • Al candidato Presidente sono collegate liste e candidati alla contestuale elezione delle Camere. La legge – una legge ordinaria – disciplina l’elezione dei parlamentari e del Presidente del consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza di seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del consiglio. 
  • Il Presidente del Consiglio eletto, ed incaricato dal Capo dello Stato di formare il nuovo governo, si presenta entro dieci giorni alle Camere per ottenere la fiducia. Se la fiducia viene negata, il Capo dello Stato rinnova l’incarico al presidente eletto. Se anche questa volta la fiducia viene negata, le Camere vengono sciolte dal Capo dello Stato e si torna alle urne. 
  • È possibile che la fiducia, a seguito di mozione motivata, sia revocata nel corso del mandato. In questo caso il Presidente del Consiglio rassegna le dimissioni, e il Presidente della Repubblica scioglie le Camere. Se si dimette senza essere sfiduciato, il presidente del Consiglio può chiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica. 
  • Se il Presidente del Consiglio dimissionario non chiede lo scioglimento delle Camere, l’incarico di formare il nuovo governo va dato o al Presidente del Consiglio dimissionario o a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio. È la c.d. norma antiribaltone, volta a impedire che nel corso della legislatura un nuovo governo sia espresso da una diversa maggioranza. La stessa regola trova applicazione nei casi di decadenza, impedimento permanente o morte del Presidente del consiglio eletto; ma solo per una volta nel corso della legislatura. Su questo aspetto Italia Viva, in linea di principio propensa all’elezione diretta del Presidente del Consiglio nella logica del Sindaco d’Italia, ha subito manifestato la sua contrarietà: se i cittadini eleggono il Presidente del Consiglio e questi viene meno per qualsiasi ragione, la decisione deve ritornare agli elettori: solo ai cittadini deve essere dato il potere di scegliere il successore. 
  • I seggi nelle due camere vanno ripartiti tra le Regioni e le Province autonome in proporzione della popolazione: con il correttivo del premio di maggioranza, che viene stabilito dalla legge per assicurare alle liste collegate al presidente eletto la maggioranza dei seggi.

Alcuni tra gli Autori che hanno contribuito al libro hanno manifestato la perplessità se la proposta di premierato riesca a toccare il vero nucleo del problema della governabilità e della capacità di decisione, o, al più, prospetti dei meri stabilizzatori delle compagini governative. 

Sul piano dell’organizzazione dello Stato, potrebbero in alternativa essere appropriate delle proposte che, più che mirare alle «grandi riforme» costituzionali, provino di migliorare il sistema costituzionale con interventi puntuali. Tra di essi, in primis, il rafforzamento della posizione del Presidente nell’ambito del Governo, con l’attribuzione del potere di revoca dei ministri, un punto su cui insiste da tempo Italia Viva; ma anche l’eventuale costituzionalizzazione del suo potere di direttiva sui ministri per l’attuazione delle politiche deliberate dall’organo collegiale; ancora, la riforma dei regolamenti parlamentari, introducendo ad esempio la previsione di tempi certi per la discussione e il voto dei disegni di legge più importanti.

Sul piano dell’organizzazione sembrano poi appropriate proposte che mirino a migliorare l’ordinamento con leggi ordinarie, come quella sui poteri normativi del Governo o quella sull’azione amministrativa, in modo da rendere l’apparato statale più funzionale alle esigenze di trasformazione che la società contemporanea pone. 

La copertina del libro riproduce un ritratto di Federico II il Grande. Il Re di Prussia. Questi nella sua opera l’Anti-Machiavelli ha detto che: «È meglio dipendere dalle leggi che dal capriccio di un solo uomo. Per loro natura le leggi sono giuste: l’uomo è nato ingiusto; sono le medicine dei nostri mali; ma questo rimedio può molto facilmente trasformarsi in un veleno mortale nelle mani di chi può tutto». Il valore della legge, di una legge giusta è al di sopra di tutto. Per questo, su temi così importanti, è necessario un dibattito aperto, ampio e proficuo. Pensare di andare “a colpi di maggioranza” sarebbe massimamente pericoloso.

Felice Blando
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Felice Blando è ricercatore confermato di Istituzioni di diritto pubblico nel Dipartimento di giurisprudenza dell’Università Palermo. Insegna Istituzioni di diritto pubblico nei corsi di Scienze delle attività motorie e sportive e Scienze della formazione primaria dell’Università di Palermo e Tecniche alternative di risoluzione delle controversie nel corso di Consulente giuridico d’impresa del Polo di Trapani. Ha scritto più di 50 saggi, orientati soprattutto alle materie delle forme di governo e delle forme di Stato, dei partiti politici e del diritto sportivo. Come avvocato svolge il ruolo di curatore di eredità giacente presso il Tribunale di Palermo.

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