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AGRIGENTO, ECCO IL PROGRAMMA, “MA POTRA’ CAMBIARE”. TANTA OSCURITA’, MA “CAPITALE”.

Ogni giorno che passa, “Agrigento capitale italiana della cultura 2025” suscita nuovi interrogativi.

Sono sotto gli occhi di tutti i ritardi organizzativi nella preparazione dell’accoglienza turistica, infopoint, parcheggi, trasporti urbani; la fragilità di una campagna di comunicazione non propriamente originale, come avrebbe richiesto l’importanza della manifestazione; il limite oggettivo di una mancata infrastrutturazione del territorio, problema vecchio che oggi si manifesta nella inadeguatezza dei maggiori servizi pubblici, con una viabilità urbana e provinciale fatiscente, le forniture idriche perennemente insufficienti, l’illuminazione e il decoro urbano quasi interamente da rifare. 

Una situazione che non dipende da emergenze improvvise, e che al contrario rivela come la candidatura e gli anni precedenti l’inaugurazione non siano stati impiegati per predisporre un’attenta programmazione delle risorse, regionali e locali, e per costruire le condizioni migliori per farsi trovare pronti alla gestione dell’evento. 

Ma è soprattutto il dossier del programma culturale che appare, a quasi due mesi dall’inaugurazione,  in un preoccupante stadio embrionale. 

La comunicazione è inesistente, il sito web della fondazione fermo a un programma che, si legge, potrebbe subire modifiche e che già presenta inspiegabili ritardi sul calendario presentato. 

Dov’è finita, ad esempio, la mostra sui “Agrigento e i Chiaramonte”, che si sarebbe dovuta inaugurare a gennaio e che non è stata ancora aperta?  E dove sono o sono state le “residenze”  e le attività  laboratoriali previste, sempre con partenza a gennaio scorso, della Banksy  Humanity Collection e dell’artista cipriota Efy Spyro, propedeutiche alla mostra e alla installazione “Luminous Days” che dovrebbero svolgersi da ottobre a dicembre prossimi? La stessa pagina Facebook della Fondazione, che annuncia le date  di permanenza degli artisti, non dà informazioni  sulla loro attività, un controsenso per questo genere di approccio artistico che è improntato alla massima condivisione social. 

In realtà tutto il programma è tuttora declinato al futuro: si farà…si inaugurerà… si realizzerà…

E nel frattempo anche la nuova Presidente della Fondazione, Dottoressa Cucinotta, non può fare a meno, nelle sue prime dichiarazioni, di soffermarsi sulle difficoltà  di una struttura operativa che avrebbe già dovuto essere perfettamente funzionante a pieno ritmo e che è invece alla ricerca di una sede idonea e di personale. E promette, la prefetta che sta mettendo al servizio della città e della Regione la sua esperienza e il suo rigore di funzionario dello Stato, che le proposte delle associazioni e degli eventuali sponsor verranno ascoltate e accuratamente vagliate… 

Quindi, quando si parla del programma di Agrigento capitale della cultura, oltre al vademecum provvisorio “che potrà subire variazioni”, di cosa  esattamente stiamo parlando?

In realtà è stato evidenziato da vari osservatori (Helga Marsala, www.artribune.it) che complessivamente la programmazione appare fiacca e raccogliticcia, con la sequenza delle sagre, delle feste locali e degli appuntamenti stagionali realizzati dal Parco Archeologico riciclati, allo scopo di fare massa critica,  tra gli eventi  previsti nel corso dell’anno, dalla sagra del mandorlo in fiore alla festa di  San Calogero, dal Carnevale di Sciacca al FestiValle  in estate.

Pure il cartellone degli spettacoli appare improntato al criterio del “vorrei, ma non posso…”, e infatti non comprende titoli di rilievo né “prime nazionali, come forse sarebbe stato lecito attendersi da un territorio che ha dato i natali e ispirato grandi autori della letteratura italiana del Novecento come Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Antonio Russello, Andrea Camilleri. 

Un’ultima osservazione. Se consideriamo la peculiare connotazione del patrimonio culturale agrigentino, famoso in tutto il mondo per la sua meravigliosa Valle dei Templi, ci si sarebbe aspettati che, senza nulla togliere ad altri aspetti della cultura e dell’arte egualmente rappresentativi del sistema di valori su cui poggia nel nostro paese l’idea stessa di “cultura”,  l’archeologia dovesse costituire un focus fortemente qualificante del programma di eventi, un’occasione preziosa per mettere in relazione, con iniziative organizzate sulla base di  temi specifici e condivise da altri musei e siti archeologici della Sicilia, quella straordinaria “rete” di luoghi e testimonianze che costituiscono una voce fondamentale nella cultura e nel turismo dell’isola.

Ma questo purtroppo non è avvenuto.

Certo, spicca la piccola preziosa mostra allestita al museo Griffo sulla collezione dei vasi Panitteri venuti da Monaco di Baviera, inaugurata il 15 dicembre 2024 ma di cui ancora oggi – e la mostra si concluderà a maggio – manca il catalogo. Per fortuna chi volesse nel frattempo farsi un’idea più approfondita sui materiali esposti può leggere le belle pagine dedicate agli stessi vasi nel volume “Veder Greco, le necropoli di Agrigento”, edito nel 1988 a corredo di un evento di grande respiro internazionale, realizzato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento, grazie al quale tornarono ad Agrigento per la prima volta dopo secoli magnifici esemplari di ceramica attica, sottratti al territorio e dispersi in Europa ed oltreoceano. 

In quell’occasione, come ben documentano i quotidiani dell’epoca, tra i diversi vasi prestati dai musei di Parigi, Londra, Francoforte, New York, ne arrivarono più di 20 proprio da Monaco di Baviera: un vero “tesoro” di antichità e di bellezza, che costituisce il precedente scientifico immediato – e sarebbe stato bene ricordarlo, visto che riguarda un primato raggiunto dallo stesso territorio –  della mostra oggi in corso.

Aspettiamo quindi di conoscere se l’esplorazione dell’ambizioso contest “Il sé, l’altro, la natura” potrà svilupparsi nei mesi a venire con un programma più definito e insieme più aperto alle istanze che vengono dal basso, come prescrive da decenni la Convenzione Europea di Faro sulla “cultura espressione delle comunità”: saprà la Fondazione invertire la tendenza?

Caterina Greco
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Caterina Greco, archeologa.
Ha diretto il Museo Salinas di Palermo, il Parco di Selinunte, il Centro Regionale del Catalogo, la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Agrigento. Ha operato anche nello Stato come Soprintendente Archeologo della Calabria e della Basilicata.

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