Sul Giornale di Sicilia di pochi giorni fa è stata pubblicata la notizia che ammontano ad 1 miliardo e 600 milioni di euro circa i crediti sostanzialmente inesigibili del Comune di Palermo, accumulati in quasi 30 anni. Una cifra pari al bilancio di due anni del Comune di Palermo. Se si trattasse di una azienda, i libri contabili dovrebbero essere portati in tribunale. Solo la tassa sull’immondizia non riscossa, ammonta a 820 milioni di euro, mentre 431 milioni riguardano i proventi da infrazioni da codice della strada.
Con queste cifre è facile capire perché la raccolta dell’immondizia a Palermo non funziona e perché la tariffa e così alta (paga meno della metà) o la sicurezza delle strade di proprietà comunale è ai minimi termini (per le multe si riscuote ancora meno della Tari). Ricordo che ai sensi dell’Art. 208 del Codice della strada, le somme incassate per violazioni stradali dovrebbero essere destinate alla sicurezza stradale, alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle strade.
A questo punto alcune domande sorgono spontanee.
Il Comune di Palermo con questi numeri è al default? Perché il Comune di Palermo non ha provveduto e non provvede a fare pulizia nel bilancio di quei crediti che sono inesigibili? L’amministrazione comunale non si rende conto che mettendo poste in entrata inesigibili gonfia surrettiziamente la parte attiva del bilancio, giustificando nuove spese per cui non avrà i danari (la cassa) da sborsare?
Le amministrazioni comunali di Palermo, compresa l’attuale, hanno mai pensato di fare una serie indagine per individuare le responsabilità? Dopo l’articolo sul Giornale di Sicilia di pochi giorni fa, l’amministrazione comunale ha immaginato di relazionare alla Procura della Corte dei Conti per l’accertamento del danno erariale? L’amministrazione comunale cosa sta facendo per recuperare ciò che è esigibile, considerato che l’ufficio tributi pur impegnandosi al massimo, ha grandi difficoltà per carenza di personale?
E ancora. L’amministrazione comunale di Palermo, sapendo che la difficoltà non sta tanto nella capacità di accertamento del tributo ma nella sua riscossione, soprattutto quella forzosa, ha mai pensato di rivolgersi a società private che aiutano la riscossione, prassi comune in tanti enti locali? (lo ha fatto Bologna).
Oggi i comuni (ma domani con l’autonomia differenziata ancora di più), al netto di trasferimenti statali e regionali sempre meno importanti, devono reperire autonomamente le fonti di finanziamento, in modo da fornire servizi efficienti per cittadini e imprese. La gestione delle entrate proprie è il punto fondamentale per far funzionare le città.
Accompagnare l’oberato ufficio tributi con adeguate società private che curano la riscossione, oggi non è più un tabù (per l’amministrazione comunale di Palermo lo è – sic!). Un miglioramento del processo avrebbe una evidente ricaduta sull’equità fiscale e sul miglioramento delle prestazioni, facendo si che i cittadini comprendano e adempiano agli obblighi fiscali.
Ma naturalmente l’amministrazione comunale, anziché prendere le giuste decisioni per riformare il sistema, ci sommerge con un diluvio di parole, non entrando mai nel concreto delle problematiche quotidiane che affliggono i dipendenti dell’ufficio tributi, che si trovano sotto pressione a causa di carichi di lavoro spesso insostenibili.
Al contrario si “vergano” letterine formali, per scaricarsi da responsabilità, con l’esito finale di aggiungere ulteriore frustrazione a quel personale e un fisco locale ingiusto per quei cittadini che pagano le tasse.
Per lungo tempo componente dell'ufficio ispettivo della Regione siciliana, per il controllo nei comuni. Interessato ai processi di monitoraggio controllo e innovazione, è stato più volte consulente della P. A. nel settore della valutazione delle risorse umane, delle autonomie locali e della scuola.
