ARTICOLO DI CALOGERO PUMILIA PUBBLICATO SUL BLOG “SE E’ COSI'” (giovannipepi.it)
Centosei anni fa, il 18 gennaio, da un albergo romano, Luigi Sturzo con l’appello ai “liberi e forti” diede vita al Partito popolare, la prima formazione dei cattolici italiani. A loro, in autonomia dalla gerarchia ecclesiastica e sottratti alla subordinazione alla destra liberale, affidò la testimonianza dei valori cristiani e l’attuazione della dottrina sociale della Chiesa.
Il prologo di quell’appello risulta ancora di grande attualità, mantiene il suo valore ovviamente in un contesto del tutto diverso rispetto a quello di un secolo addietro. “ A tutti gli uomini liberi e forti che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà”. Il programma del nuovo partito per quel tempo risultò fortemente innovativo, quasi rivoluzionario, marcatamente riformista, come si direbbe oggi.
Pur con l’esigenza di leggere le vicende passate attraverso le lenti della storia, di contestualizzarle, la richiesta del suffragio universale e del voto alle donne, il ruolo dei comuni e dei corpi intermedi, la proposta di istituire le regioni, l’attenzione alla realtà meridionale, la riforma tributaria, della previdenza e dell’assistenza sociale, la tutela del lavoro, costituirono i punti chiave del programma di un partito che suscitò entusiasmi ed ottenne consensi notevoli.
In breve tempo fu, tuttavia, travolto dall’onda nera del fascismo rispetto al quale non ebbe una posizione chiara e, come le altre forze socialiste e liberali, non seppe chiudere i varchi attraverso i quali irruppe spazzando le istituzioni democratiche. I popolari e gli altri non capirono di dovere restare “uniti” per difendere “nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà” e lasciarono che prevalessero la disunione, i miopi interessi di parte, la diffidenza.
Di quella sciagurata scelta rimane ancora un eco. Oggi a Milano un gruppo di cattolici riuniti attorno a Romano Prodi, a Pierluigi Castagnetti e a Graziano Del Rio, tentano di ritrovare il filo di un lungo, frastagliato percorso che cominciò a dipanarsi in quel lontano 18 gennaio ad opera di un geniale sacerdote e sociologo siciliano. Lo fanno quando da tempo la presenza dei cattolici in politica si è affievolita fino a diventare quasi impercettibile. Tentano di rilanciare quella presenza, dopo trent’anni dalla fine della Democrazia cristiana che sulle ceneri della guerra e del fascismo prese il testimone dell’esperienza sturziana e, aggiornandone i contenuti, governò a lungo il Paese affermando la democrazia ed avviando lo sviluppo.
I cattolici che si trovano a Milano hanno preso coscienza della difficoltà che incontrano all’interno del Partito democratico, degli spazi esigui a loro rimasti, della fatica di rappresentare il mondo di riferimento in gran parte lontano dall’ impegno diretto e in una certa misura indifferente ai rischi che corrono le istituzioni. Lo fanno per non accettare un ruolo di subordinazione e di irrilevanza, non per proporre una nostalgia né per dar vita ad una forza di centro in una realtà ormai bipolare che ad essa non consentirebbe nessuno spazio. Il tentativo è semmai quello di recuperare ed aggiornare una storia antica che può avere ancora essere attuale, di rilanciarla all’interno del centrosinistra per allargare il suo orizzonte, rafforzare la sua presenza nel Paese, far tornare alla partecipazione energie ed intelligenze da tempo fuori dalla vita pubblica.
Per rendere più forte l’alternativa alla Destra, rilanciare, tornando alle parole di Sturzo, “gli ideali di giustizia e di libertà”, trovare il linguaggio per parlare ai poveri, agli emarginati, dire parole desuete come fratellanza, apertura, solidarietà, antifascismo, rispetto degli avversari, europeismo, accoglienza.
Dopo il convegno di Milano sarà opportuno avviare una specifica riflessione in Sicilia dove, come altrove, è forte l’esigenza di avere visibilità dentro il Partito democratico, di affermare il valore della cultura dei cattolici accanto a quella laico-libertaria e di matrice post-comunista.
Ma forse qui da noi c’è bisogno di una cultura tout court, di trovare identità e anima al centrosinistra, di farlo uscire dall’inerzia nella quale vive e lo rende scarsamente influente e talora non distinguibile dalla Destra.
Occorre capire se sia possibile rianimare l’Autonomia per farne strumento di crescita sociale ed economica. Occorre prendere atto dei rischi sempre più forti per la nostra terra, di rimanere appendice inerte del Paese. Sarà utile, e per quanto mi riguarda farò la mia parte, mettere insieme quanti vorranno aggiornare una storia e una tradizione che anche nella nostra terra, tra errori e cadute, dal 1943 al 1994, ebbero un ruolo notevole nella vita dell’Isola e nell’azione della Democrazia cristiana.

Calogero Pumilia
Giornalista. Deputato al parlamento per 5 legislature. Più volte sottosegretario di Stato. Già consigliere di amministrazione delle Poste e presidente di Poste. com. E’ stato pure sindaco di Caltabellotta. Ha scritto numerosi libri , tre sulla storia della dc siciliaNA. Tra gli altri poi : Attraversando la politica e Ti la scordi l’America E’ stato presidente della Fondazione Orestiadi di Gibellina.