L’EDITORIALE DI GIOVANNI PEPI PUBBLICATO NEL SUO BLOG “SE E’ COSI’ ” (giovannipepi.it)
Sul Corriere della Sera, nell’ultimo sondaggio di Pagnoncelli sullo stato d’animo degli Italiani, prevale il pessimismo. Del resto si chiude un anno in cui c’è poco festeggiare. Due guerre in corso. Che si allargano malgrado le promesse di pace. Immagini permanenti di volti dolenti, bambini in lagrime, corse affannose al cibo, persone che muoiono per mancanza di farmaci: tutto nella continua, quotidiana tragedia, di cadaveri che si aggiungono ai cadaveri di bambini, donne sullo sfondo infinito di macerie , palazzi che cadono come birilli sotto le bombe. Visioni che si inseguono di un mondo in frantumi che impedisce di riflettere sui passaggi positivi che pure non mancano perchè le disuguaglianze planetarie flettono, se pure con lentezza e irregolarità, la scienza progredisce e produce innovazioni nelle tecnologie e nella medicina. In questo contesto bisogna riflettere sull’Italia. Guardando con il distacco dovuto a realtà che sono complesse e contraddittorie. Sono prioritarie quattro questioni almeno.
Primo la politica. E’ sempre più vuota e sola. Si chiude nei suoi riti. I cittadini disertano le urne. Non votano. Non credono. Alle ultime europee si è recato in cabina meno di un un cittadino su cento. In uno studio Sabino Cassese enuncia il dato delle elezioni regionali. Nel 70 a votare andarono quasi tutti. Poi sempre giù fino al 37 per cento nel Lazio. Norberto Bobbio sosteneva , non a torto, che non c’è democrazia senza partiti. Ma in Italia abbiamo partiti forti nel potere in una democrazia sempre più debole. Che fare per rivitalizzare questa democrazia spenta? Si arriva alla seconda questione. Una riforma del modello di governo e del rapporto tra cittadini e istituzioni. Il centro destra, che sostiene l’Esecutivo in carica, guidato da Giorgia Meloni, propone l’elezione diretta del premier. Si sarebbe a una buona svolta in grado di riavvicinare gli elettori al governo e al parlamento. Ma è riforma con il trucco. Si vuole l’elezione diretta del premier ma si prevede pure l’ipotesi di un suo disarcionamento in parlamento Così le camere possono smentire il popolo elettore. E il pallino del gioco resterebbe sempre ai partiti che non avrebbero nessuno stimolo a cambiare. La terza questione riguarda gli immigrati. In un pianeta sconvolto tra guerre, rovesci climatici, riduzione delle terre coltivabili, guerre e dittature in aumento, gli immigrati sono inevitabili. Nello stesso tempo la denatalità crescente nei paesi ricchi, a cominciare da quelli del nostro occidente, li rende necessari. Occorre una seria politica di accoglienza concordata tra i paesi forti per mettere in equilibrio necessità dei paesi prosperi e bisogni di quelli meno sviluppati. Ma ci si perde invece in polemiche ora sterili ora ciniche, comunque sempre indecenti. Si è da qui alla quarta questione, quella dell’Europa. Viviamo in un mondo nuovo rispetto a quello sorretto dall’equilibrio tra due superpotenze, ossia gli Usa e L’Urss con L’Europa saldamente protetta dalla prima. Ora gli equilibri geopolitici sono travolti. Nella nostra Italia si discute (litigando) sull’autonomia delle regioni. Ma è dibattito surreale. Le regioni non devono separarsi, ma integrarsi fra loro per fare più forte l’Italia. La quale a sua volta deve saper lavorare per fare diventare l’Europa una superpotenza in grado di fronteggiare, da un lato, quelle che ci sono ossia, gli Usa, la Cina e la Russia (per quanto ridimensionata dalla guerra in corso) e, dall’altro, quelle che si delineano come L’India. Da noi si pretende, invece, da molti un organismo dentro il quale siano forti gli stati nazionali. Ma è come ritenere possibile il ghiaccio bollente. Una potenza europea non può esistere senza che gli stati rinuncino a quote importanti di sovranità.
Sono questioni cruciali cui è legato il futuro del nostro mondo. Ma sono tutte dominate dall’incertezza. Per questo appare deludente e pasticciato il fine d’anno della nostra politica. Ci sono ragioni e torti che si incrociano. E’ vero che abbiamo raggiunto importanti risultati nell’economia: è andato bene il Pil, si è un record nell’occupazione, siamo il quarto paese esportatore nel mondo. Ma si è rinviato sulle riforme: niente premierato, niente rinnovo forte della Giustizia, confusi congegni sulle Autonomie con la Corte Costituzionale che ha devastato le norme approvate dalla maggioranza di governo. E ci si dimentica che, malgrado i progressi, l’italia, in Europa, è ancora fanalino di coda tra i grandi paesi. Le opposizioni, con ragione, sostengono che, nella legge di bilancio, sono limitate le destinazioni di risorse rispetto ai bisogni in settori cruciali come la Sanità, la scuola e il lavoro. Ma hanno il torto di non indicare con quali risorse, da trovare dove e come, si poteva fare più. Sono essenziali nuovi comportamenti. Il governo non menta, dica sempre come stanno le cose. Precisi date e scadenze delle riforme e dei progetti che propone. Le opposizioni spieghino i loro “no” indicando bene le proposte alternative spiegando come reperire le risorse necessarie per propri “progetti” una volta al potere . Senza dimenticare gli uni e gli altri che siamo a un record nel debito pubblico e che si può crescere di più e meglio solo promuovendo l’industria privata che gli investimenti pubblici devono sostenere e promuovere. Il Censis, nel suo bel rapporto sul paese, scrive che l’Italia galleggia, senza crolli nei momenti positivi né picchi in quelli negativi. Invece di picchi abbiamo bisogno. Per non cadere nell’immagine della scrittrice Virginia Woolf: “Penso a come contiamo poco, come tutti contino poco; com’è travolgente e frenetica e imperiosa la vita, e come tutte queste moltitudini annaspino per restare a galla.” Annaspiamo tutti da troppo tempo. Serve un colpo d’ala. Buon Anno.
Un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.