Commento di LORENZO LEONE
Con il termine “la fallacia della pianificazione”, l’israeliano Daniel Kahneman, il secondo psicologo a vincere il premio Nobel per l’economia (2002), descrive piani e previsioni che sono poco realisticamente prossimi a scenari ideali, dove si disegnano risultati troppo ottimistici. Lo studioso elenca delle storie di alcuni errori. Per brevità ne riporto un paio.
Nel 1997 si stimò che il nuovo palazzo del Parlamento scozzese di Edimburgo, sarebbe costato al massimo 40 milioni di sterline e per realizzarlo sarebbero bastati 2 anni. Nel giugno del 1999 il budget aveva raggiunto 109 milioni di sterline. Nell’aprile 2000 i legislatori posero dei limiti a 199 milioni di sterline. A novembre del 2001 diedero una stima del costo finale che fu fissato a 241 milioni di sterline. Quel costo finale aumentò due volte nel corso dello stesso anno, raggiungendo la cifra di 294,6 milioni di sterline. Nel 2003 aumentò di altre 3 volte, toccando in giugno i 375,8 milioni di sterline. Il Palazzo fu infine completato nel 2004 ad un costo finale di 431 milioni di sterline.
Uno studio del 2005 analizzò progetti ferroviari tra il 1968 e il 1998. In oltre il 90 % dei casi, il numero dei passeggeri che avrebbero dovuto usare il sistema, era sovrastimato. Anche se si discusse molto dei passeggeri, le previsioni non migliorarono. In media i pianificatori sovrastimarono del 106%, più del doppio, l’uso delle ferrovie, benché vi fossero nuove prove sulla diminuzione dell’utenza.
Kahneman teorizzò come le previsioni sbagliate riflettono le incapacità di sapere tracciare una percorso realistico, non riuscendo ad immaginare quanto i loro desideri siano in grado di aumentare sensibilmente la spesa. L’ottimismo dei pianificatori e dei responsabili dell’esecuzione dell’opera, secondo il premio Nobel israeliano, è l’unica ragione per cui si sfornano preventivi, alimentando desideri e prospettive diverse da quelli originari, finendo per costare alla comunità molto di più. La tendenza a sovrastimare costi ed imprevisti, potrebbe essere mitigata assumendo una visione esterna, che dovrebbe essere la cura della “fallacia della pianificazione”.
Ora senza esprimere un giudizio sulla necessità o opportunità o sulle velleità di un Ministro, che ha deciso, forse per passare alla storia o per dare sfogo ad uno sfrenato ego, di realizzare il ponte sullo stretto di Messina, un opera di cui non conosciamo e non riusciamo ad ipotizzare i possibili benefici ma di cui conosciamo i tantissimi rischi e difficoltà, a cui si è assuefatta, anestetizzandosi la politica siciliana regionale.
Conosciamo costi previsionali molto di massima e tempi di realizzazione presuntivi. Si dice 14 miliardi di euro e 10 anni di tempo. Applicando la teoria “della fallacia della pianificazione” del premio Nobel ebreo, non riesco ad immaginare quanto saranno i costi di quest’opera e quanto tempo ci vorrà per realizzarla, per poi non avere idea dell’utilizzo che ne farà il genere umano.
Applicando i numeri che riguardano la realizzazione del parlamento della Scozia o se volete l’ampliamento della Palermo Agrigento, finanziata con la legge obiettivo del 2001, viene il mal di testa. Una certezza ci resta: le immense risorse spese per un’opera che riguarda la Sicilia e la Calabria, certamente da qualche parte dovranno essere prese o meglio da qualche parte dovranno essere tolte. Un futuro dove i danari per i servizi pubblici saranno molto pochi ma fra trent’anni ci sarà il ponte sullo stretto. Forse.
Per lungo tempo componente dell'ufficio ispettivo della Regione siciliana, per il controllo nei comuni. Interessato ai processi di monitoraggio controllo e innovazione, è stato più volte consulente della P. A. nel settore della valutazione delle risorse umane, delle autonomie locali e della scuola.