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IL CIMITERO MARINO

Il cimitero marino (le cèmetière marin) è un’intensa poesia pubblicata da Paul Valery nel 1920.  Il cimitero marino del Mediterraneo è una vergogna dell’umanità dei nostri tempi.

Potrei adesso elencarvi una serie di numeri di questa orrenda vergogna, ma non lo faccio. I numeri quando diventano troppo grandi vengono chiusi dietro gli steccati della statistica e rischiano di perdere significato.

Vorrei invece elencarvi i nomi dei morti, dirvi dei loro volti e delle loro vite spezzate, delle loro speranze e delle loro paure, ma non posso perché non conosciamo tutti i nomi e tutte le storie: di tantissimi morti non c’è neanche la possibilità di assegnare nessun volto.

Alcune storie però ci restano, tutte terribilmente strazianti.

Basta un’immagine per fare crollare i muri della disumanità di chi con ottusa protervia insiste a considerare una minaccia per la sicurezza nazionale anche una bambina di 11 anni aggrappata alla camera d’aria del copertone di un camion.

Le storie stanno nelle nostre teste più dei numeri; allora immaginatevi nel buio fitto della notte una bambina di 11 anni nel mare aperto che non è blu, ma nero come la pece, che non è placido e accogliente, ma ha fauci spalancate, e immaginatevi il cielo che non c’è perché si confonde nero con nero con il mare, con il nero del copertone.

Immaginatevi tutto questo e provate a sentire quello che c’è intorno. Forse potreste immaginare di sentire le voci dei compagni di viaggio di Jasmine, le voci disperate di chi cerca soccorso e si aggrappa al miracolo di una improbabile salvezza, forse potreste persino vedere il tramestio di braccia che sbattono forsennatamente sull’acqua e poi via via sempre con meno forza. Ascoltate meglio e poi sentirete, come Jasmine, solo silenzio. Il Mare è una tomba.

Il cimitero marino non urla, sgomenta e atterrisce per il suo silenzio, che non è pace. Non ci può essere pace per questi poveri morti e non ci deve essere pace per i vivi che girano la testa dall’altra parte e che si fanno il cuore duro in nome di un asserito e assurdo interesse supremo della Patria.

Non c’è niente di supremo nell’essere disumani. La Patria in cui io credo è il luogo che accoglie, salva, aiuta. La mia Patria è capace di creare futuro e di dare senso alla speranza. La mia Patria protegge la vita. Chi di fronte alla disperazione di altri uomini, donne e bambini augura solo la morte dovrebbe solo vergognarsi. 

Chi, come me, ha avuto la fortuna di nascere in Sicilia penso abbia una sensibilità particolare rispetto a questi temi. Per questo sento di dovere rivolgere un appello a tutte le donne e gli uomini politici siciliani dovunque esplichino il loro mandato. Non lasciate che il Mediterraneo sia ricordato come un cimitero marino, ergetevi a difesa della vita, alzate la voce. 

Basta morti.

Mario Mancuso
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Mario Mancuso, già dirigente del Monte dei Paschi di Siena, è stato componente del CdA del Fondo nazionale pensione complementare della scuola, componente del consiglio direttivo della CCIAA di Siracusa, dirigente sindacale del settore credito. Artista poliedrico ha curato regie teatrali amatoriali, e partecipato a collettive e mostre personali di pittura. È laureato in Scienze e tecniche Psicologiche.

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