Editoriale di FABRIZIO MICARI
Le democrazie si basano su una semplice regola: esiste una maggioranza ed una opposizione.
Alla maggioranza spetta il diritto/dovere di governare, sviluppare strategie e programmare. All’opposizione di vigilare, criticare, avanzare proposte alternative, anche costruendo un governo ombra. Preparandosi alle successive elezioni, in cui i cittadini giudicheranno l’operato della maggioranza e le ragioni alternative dell’opposizione.
Così avviene nelle democrazie occidentali, così, tutto sommato, anche a livello nazionale.
Ma non in Sicilia.
In Sicilia, all’Assemblea Regionale Siciliana, in questi gironi si sta preparando la legge di stabilità, ma soprattutto si sta costruendo un maxiemendamento da 80 milioni di euro, di cui si occupa personalmente il Presidente dell’Assemblea. Di questa torta, ben 60 milioni sono destinati alle famose “esigenze territoriali” (leggasi feste, sagre, associazioni para-culturali e così via) sostenute dai deputati e saranno suddivisi per il 70 per cento alla maggioranza e per il restante 30 alla minoranza. Minoranza. Chiamarla opposizione proprio non si può. Tutto questo altro non è se non consociativismo allo stato puro.
Non basta: per rendere meno visibile questo ennesimo schiaffo alle regole della democrazia, i finanziamenti non andranno ad enti ed associazioni direttamente riconducibili ai deputati, ma ai Comuni. Naturalmente retti da Sindaci o Giunte riconducibili ai deputati.
Questo è consociativismo. Così il Governo regionale si garantisce l’approvazione della legge di stabilità, con il suo corredo di ampie manovre “di stampo liberale” di cui favoleggia il Presidente, mentre tutti i deputati, di maggioranza e minoranza hanno le risorse per coltivare le loro clientele e lavorare per la loro rielezione.
Vogliamo ancora chiamarla opposizione?
Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.